La stima (al ribasso) ipotizzata delle associazioni di categoria poste a tutela dei consumatori parla di un risparmio per le banche e le finanziarie che si aggirerà sui 2,5 miliardi di euro. Questa è la somma “concessa” dall’attuale Governo alle lobby bancarie e finanziarie all’indomani della Pubblicazione della Gazzetta Ufficiale n. 176 del 24 luglio 2021.
Il paradosso, se così può essere definito, che detta misura a firma di Lega e Forza Italia, ma da cui non si esclude alcuna forza politica, è inserita nel più strutturato “Decreto Sostegni”, la cui funzione dovrebbe essere esclusivamente quella di aiutare e foraggiare gli italiani e non certo sottrarre questi considerevoli importi.
Ma andiamo con ordine.
Il richiamato Decreto Sostegni “bis” ha previsto questo enorme regalo a banche e finanziarie, in quanto i deputati Giuseppe Bellachioma e Claudio Borghi (della Lega) e Sestino Giacomoni (di Forza Italia) sono riusciti nell’intento di far inserire alla Commissione bilancio un paio di emendamenti che come detto sono divenuti definitivi con la pubblicazione della richiamata Gazzetta Ufficiale.
Il contenuto di questi trafiletti è di fondamentale importanza, in quanto dopo anni di battaglie combattute per il doveroso riconoscimento dei diritti dei consumatori alla giusta restituzione nei casi di estinzioni anticipate dei contratti bancari e finanziari (ad es. Cessioni del quinto dello stipendio, finanziamenti e prestiti personali, mutui fondiari ed ipotecari), il miracoloso intervento dei richiamati parlamentari ha ridimensionato nuovamente il sacrosanto diritto dei clienti a ottenere la sacrosanta restituzione di tutti i costi pagati per ottenere il credito, ovviamente in proporzione ai mesi risparmiati.
Sul punto è doveroso precisare che solo due anni fa, nel settembre 2019, la Corte di Giustizia europea con una nota e dettagliata decisione c.d. “Lexitor” ha confermato come tutti i consumatori abbiano diritto alla restituzione secondo il principio proporzionale di tutti i costi sostenuti per l’apertura di una linea di credito.
Molte persone crederanno che questa prassi sia scontata, in quanto resta impensabile negare la restituzione dei costi non goduti dopo la chiusura anticipata di un contratto. Eppure in Italia non era così.
Negli anni sia le banche che le finanziarie si sono adoperate per affinare e redigere dei contratti blindati, in cui la maggioranza dei costi addebitati sin dall’apertura del finanziamento diventassero non restituibili.
Dalle segrete stanze contabili dei più importanti gruppi di settore nacque la famosa distinzione, certificata da direttive della Banca d’Italia, che suddivide i costi di un contratto tra quelli confinati alla mera apertura del credito, come possono essere identificati i costi di intermediazione ovvero le provvigioni e quelli che hanno vita per l’intera durata del rapporto obbligazionario, come gli interessi e i costi assicurativi.
Partendo da tale spunto è nata la dicotomia tra costi aventi natura “up front” (la cui durata è limitata alla sola apertura del finanziamento) e costi c.d. “recurring” (che si materializzano mensilmente per tutta la durata del rapporto), con l’esclusivo intento di confinare il diritto dei consumatori alla possibile restituzione dei soli costi aventi natura progressiva ovvero recurring.
Detta differenziazione nasceva con il nobile presupposto, caldamente pubblicizzato, di fornire ai clienti il chiaro rispetto dei principi di trasparenza e buona fede nell’esecuzione del contratto, prevedendo uno schema analitico accessibile e facilmente comprensibile a tutti i consumatori che si avvalevano di linee di credito.
La realtà sarà ben differente poiché, con l’ausilio di norme regolamentari emanate dalla Banca d’Italia, tutti gli intermediari iniziarono a limitare gli importi da restituire nelle ipotesi di estinzioni anticipate dei rapporti ai soli oneri recurring, con la ovvia e implicita precisazione che ci fu un dislivello enorme, rispetto al passato, tra le voci up front (sempre più cospicue) e quelle appunto recurring.
Gli anni di battaglie a colpi di azioni legali e interpretazioni giurisprudenziali della norma di settore rappresentata dall’art. 125-sexies del testo unico bancario ebbe (finalmente) la conclusione con la richiamata decisione della Corte di Giustizia europea che confermava, senza alcun dubbio, il diritto per i clienti consumatori di ottenere la restituzione di tutti i costi sopportati per l’apertura di un credito, al punto da confinare la dicotomia dei costi tra up front e recurring in mero spunto di fantasia privo di qualsiasi fondamento legale.
Ma si sa, nel nostro paese le lobby degli istituti di credito è molto forte e tale da consentire l’inserimento di un trafiletto di due righe, per di più all’interno del “Decreto Sostegni” che ridisegna nuovamente lo scenario legislativo. In questo Paese la battaglia a favore di famiglie e dei consumatori è un po’ come la tela di Penelope, visto che quanto si riesce a costruire è poi disfatto dai soliti parlamentari che si prestano ad ogni tipo d’operazione sollecitate da gruppi di potere esterni e la cosa non è adeguatamente arginata da chi dovrebbe servire per primi gli interessi dei molti.
Sia ben chiaro, i costituzionalisti più illustri del paese hanno già bocciato l’emendamento che mai potrebbe essere inserito in un decreto legge, per di più generato per il sostegno della popolazione, il cui carattere di urgenza e celerità confligge con la portata e la pericolosità della norma.
Ma nell’attesa dei tempi della macchina legale, non si può che provare a denunciare l’ennesimo colpo di coda di partiti politici che troppe volte tendono a professare solidarietà con le classi sociali più disagiate, tra cui è doveroso non escludere coloro che utilizzano l’accesso al credito, mentre nei fatti premiano in modo meschino e subdolo i soliti potentati.
#combattiamoildebitoingiusto